STORIA
Bolzano, dopo l'8 Settembre, era divenuta capoluogo della zona d'operazione delle Prealpi, e si trova dunque sotto il controllo dell'esercito tedesco.
Entrò in funzione nell'estate del 1944, in vecchi capannoni del genio militare italiano e nei 10 mesi di attività passarono tra le sue mura tra 9.000 e 9.500 persone. Per decenni si è ritenuto che il numero dei prigionieri fosse superiore, perché la matricola più alta assegnata nel campo fu l'11.115, ed era noto che molti prigionieri non vennero immatricolati. In realtà a Bolzano la numerazione non partì da 1, ma circa da 2979, proseguendo da dove si era giunti a Fossoli. I deportati provenivano prevalentemente dall'Italia centrale e settentrionale, in gran parte arrestati da forze del regime collaborazionista della Repubblica Sociale Italiana e poi consegnati alle SS. Si trattava principalmente di oppositori politici, ma non mancarono deportati ebrei, disertori, zingari e Testimoni di Geova; numerosi furono anche gli ostaggi internati per fare pressioni sui loro parenti impegnati nella Resistenza, compresi alcuni bambini.
Una parte dei deportati - circa 3.500 persone, uomini, donne e diversi bambini - furono trasferiti nei campi di sterminio del Reich; una parte fu invece utilizzata, come lavoratori schiavi, sia nei laboratori interni al campo, che nelle aziende della vicina zona industriale ed alla Industria Meccanica Italiana, il cui stabilimento che produceva cuscinetti a sfera per i motori dei carri armati tedeschi aveva trovato rifugio all'interno della galleria del Virgolo per sfuggire ai bombardamenti alleati.
Durante la storia del campo, 23 italiani che furono catturati e lì internati, furono successivamente trucidati, il 12 Settembre 1944. In totale sono documentate come certe circa 48 uccisioni nel campo, anche se ne sono state ipotizzate fino a 300.
Man mano che gli alleati avanzavano, i deportati furono liberati a scaglioni tra il 29 Aprile ed il 3 Maggio 1945, quando il lager fu definitivamente dismesso. Le SS ebbero cura di distruggere per intero la documentazione relativa al campo prima di ritirarsi.
IL CAMPO
I blocchi erano contrassegnati da una lettera. Nel blocco A, vi erano i lavoratori fissi, trattati leggermente meglio degli altri prigionieri perché necessari al funzionamento del campo; nei blocchi D ed E erano rinchiusi i prigionieri politici considerati più pericolosi, separati dagli altri deportati; nel blocco F donne e bambini. I deportati ebrei di sesso maschile venivano invece stipati nel blocco L. Era presente anche un blocco celle con 50 posti angusti. Le celle furono luogo di tortura e di morte per decine di prigionieri.
Amministrativamente il campo era gestito dalle SS di Verona. Comandate dalla Gestapo e del servizio di sicurezza tedesco in Italia era il Brigadeführer (generale di brigata) delle SS Wilhelm Harster, a capo del campo vi erano invece il tenente Karl Titho ed il maresciallo Haage, che guidavano una guarnigione composta da militari tedeschi, sudtirolesi ed ucraini, i quali si resero responsabili di esecuzioni sommarie, torture e violenze di ogni genere.
MAPPA DEL CAMPO DISEGNATA DA UN DETENUTO POLITICO
Disegni di Aura Pase, internata a Bolzano tra il 1944 - 45 dalla mostra "Menestrella nel lager", il disegno raffigura gli esercizi fisici che gli internati svolgevano nei lager.
SISTEMA DI CODIFICA DEI PRIGIONIERI
Nel Campo di transito di Bolzano vigeva un utilizzo dei simboli identificativi degli internati differente rispetto a quello comune a molti altri lager:
un triangolo rosso contrassegnava gli oppositori politici;
un triangolo rosa contrassegnava i rastrellati;
un triangolo giallo contrassegnava gli ebrei;
un triangolo bianco contrassegnava gli ostaggi
LA RESISTENZA
Era presente un'organizzazione di resistenza con ramificazioni interne ed esterne al campo. In realtà si può parlare di tre forme distinte e parallele di resistenza: una politica, organizzata dal Comitato di Liberazione Nazionale e dalle brigate partigiane; una organizzata dal clero (molti furono i sacerdoti arrestati e deportati per aver fornito aiuto agli internati nei lager); una spontanea, fatta da semplici cittadini che portavano aiuto autonomamente, magari a parenti internati. L'attività coinvolse decine di persone che riuscivano a far giungere notizie dei deportati al di fuori delle mura, e viceversa.
Per tutta la vita del campo funzionò un comitato clandestino di resistenza interno - coordinato da Ada Buffulini e che vedeva fra gli animatori anche Laura Conti ed Armando Sacchetta - che lavorò in costante contatto con un comitato clandestino operante nella città di Bolzano e che fu diretto fino al 19 Dicembre 1944, data del suo arresto, da Ferdinando Visco Giraldi e quindi, fino alla liberazione, da Franca Turra. Grazie a questa rete furono fatti pervenire ai prigionieri del lager centinaia di pacchi con generi di prima necessità, viveri e vestiario, e si mantenne attiva e operante una rete clandestina di corrispondenza che consentì a centinaia di famiglie di avere notizie dirette dai prigionieri: quelle lettere sono in moltissimi casi l'ultimo segno di vita di deportati uccisi nei lager nazisti.
La rete interna organizzò e realizzò con successo decine di fughe dal campo: ne sono documentate una cinquantina
I PROCESSI
Nel Gennaio 1946, un tribunale militare americano condannò a morte per impiccagione gli ufficiali delle SS Heinrich Andergassen, August Schiffer e Albert Storz per l'omicidio di cinque prigionieri di guerra americani. Un quarto uomo è stato condannato all'ergastolo appositamente per il suo coinvolgimento nell'omicidio degli americani. Andergassen, Schiffer e Storz furono giustiziati in una sede militare americana a Livorno il 26 Luglio 1946.
Nel Novembre 2000 il tribunale militare di Verona ha condannato Michael Seifert all'ergastolo, pena confermata poi all'appello ed in cassazione. Questi, nato in Ucraina, fu da giovanissimo una SS addetta alla vigilanza nel campo di Bolzano. Tra il 1944 e il 1945 si rese protagonista, insieme ad un'altra SS ucraina, Otto Sein, di una lunga serie di atrocità nei confronti dei deportati tra le quali l'assassinio di almeno diciotto persone, per le quali venne soprannominato il "boia di Bolzano".
Si tratta di uno di quei casi giudiziari, come ad esempio quello per l'eccidio di Sant'Anna di Stazzema, rimasti sepolti per decenni in quello che è stato soprannominato l' "armadio della vergogna", riportato alla luce solo nel 1994. Tra i prigionieri di Seifert e Sein vi fu anche un giovanissimo Mike Bongiorno.
Seifert, che dopo la guerra si era rifugiato in Canada, a Vancouver, dovette rispondere di 15 capi di accusa, tra cui 18 omicidi. Fu rintracciato e fotografato da un cronista del Vancouver Sun, su indicazione dell'ANPI, pochi giorni prima dell'inizio del processo.
Il 17 Gennaio 2008 la Corte Suprema del Canada, dove risiedeva dal 1951, ha respinto la domanda dell'ottantatreenne criminale contro la sua estradizione in Italia, dove dovrà scontare l'ergastolo. Seifert è giunto in Italia il 16 Febbraio 2008 e morirà il 6 novembre 2010.
Otto Sein risulta ancora ricercato dalla guistizia italiana.
Alcuni anni prima, nel 1999, finirono sotto processo anche i comandanti del campo, Titho e Haage: il primo fu assolto per insufficienza di prove, contro il secondo, ritenuto dai giudici il vero padrone dei campi, non si poté procedere perché deceduto.
IL CAMPO OGGI
Nel luogo che ospitava il campo di Bolzano oggi sorge un complesso di case popolari realizzato negli anni '60. Del campo rimangono poche tracce, praticamente solo il muro di recinzione, posto sotto tutela delle belle arti e restaurato. All'entrata principale si notano illustrazioni che ricordano il tragico luogo. Nel 2005 il comune ha bandito un concorso per una serie di quattro installazioni artistiche a ricordo dei deportati. Le opere vincitrici, della scultrice bolzanina Christine Tschager, si trovano nei pressi dell'ex-lager, in via Pacinotti ed in via Claudia Augusta.
Già nel 1985 il comune aveva fatto erigere un monumento ed una stele in memoria delle vittime del campo, ma non nell'area del campo stesso: sorge infatti sul sagrato della chiesa di San Pio X, poco distante da dove si trovava l'ingresso del lager, ma sull'altro lato della via Resia.
Nel 2012 è stato inaugurato, in occasione del Giorno della Memoria internazionale dedicata all'Olocausto, in via Resia 80 il Passaggio della Memoria, facendo della via d'accesso al campo un luogo di memoria con tabelle esplicative in più lingue che narrano le vicissitudini legate alla storia del campo.
Ad esso si è aggiunta, nel 2019, un'installazione memoriale che proietta su una parete di vetro nero i nomi degli internati. Pochi mesi dopo l'inaugurazione dell'installazione, i presidenti di Austria ed Italia, Alexander Van der Bellen e Sergio Mattarella, hanno reso omaggio alle vittime del nazifascismo deponendovi assieme una corona floreale.
Dal 2015, una delle Pietre d'inciampo a Bolzano ricorda la vittima ebraica Wilhelm Alexander Loew-Cadonna, internato e maltrattato nel lager di Bolzano prima della sua deportazione ad Auschqwitz.
Solo lentamente si è giunti a superare una certa <dicotomia della memoria> giungendo infine a un ricordo congiunto e post-etnico della storia del lager di Bolzano e delle sue vittime, italiane e sudtirolesi. In questo faticoso processo si rispecchia anche la tardiva ripacificazione della società civile sudtirolese, composta da vari gruppi linguistici presenti sul territorio.
L'installazione permanente che dal 2019 ricorda i nomi dei detenuti.
INFO
Indirizzo : Via Resia, 80, 39100 Bolzano BZ