Costruito nel 1937, di stile piacentiniano, era stato inserito in un piano di ristrutturazione urbanistica della zona, ma fu destinato durante l'occupazione tedesca a sede del servizio di sicurezza SD, servizio segreto delle SS, incaricato dell'individuazione dei reali o potenziali nemici del nazismo e della neutralizzazione di questi oppositori.
Il 9 settembre 1943 i tedeschi occuparono in forze la città, dove si insediarono in vari palazzi dove installarono uffici di comando dell’apparato di repressione poliziesca in Italia e della ricerca e cattura degli ebrei italiani. Il centro più importante fu al palazzo INA: qui, alle dipendenze di Heinrich Himmler, comandante delle SS e della polizia, si insediò il generale delle SS Wilhelm Harster, capo della Polizia di Sicurezza e del Servizio di Sicurezza in Italia. Nelle celle ricavate nelle cantine del palazzo furono detenuti, interrogati e torturati molti partigiani ed oppositori politici: alcuni illustri, come Ferruccio Parri, che sarà a capo del governo nel giugno del 1945. Della sua reclusione ricorderà quella cella lunga due metri e mezzo, larga non più di un metro e mezzo, alta forse due e mezzo. Una grata in alto sopra la porta dava aria e fioca luce di giorno; di notte, al solito, luce era sempre accesa. Il pagliericcio era un tormento: poca paglia polverosa e a grumi. Quelle celle, una ventina, ospiteranno anche tanti altri, come Ennio Trivellin, uno degli ultimi testimoni diretti di quel periodo, scomparso nel settembre 2022.
Principale centro operativo delle forze di polizia tedesca dell'Italia occupata, vi risiedevano anche il generale delle SS Wilhelm Haster, che si occupava della repressione della Resistenza all'occupazione tedesca, e l'ufficio incaricato di dare la caccia agli ebrei in Italia.
Pur non essendo mai stato personalmente torturato durante la permanenza nelle celle dell'INA, nel suo libro "Inferriate" col quale racconta la sua odissea nelle carceri nazifasciste Berto Perotti definisce Agostino Aliot, torinese arruolato nelle SS, interprete e capocarceriere “il più brutale dei carcerieri che si trovavano alle dipendenze delle SS”. Tra le sue vittime di percosse e sevizie anche il veronese Alessandro Canestrari.
Soltanto una lapide posta all'angolo esterno dell'edificio ricorda questa sua destinazione durante l’occupazione nazista.
Presso la sede ANED è custodita la porta della stanza destinata alla ricetrasmittente, poi divenuta cella, regalata alla Sezione ANED dal già Procuratore della Repubblica e socio Guido Papalia. Nelle vicinanze, una lapide, posta da ANED nel trentesimo della Liberazione (1975) nei giardini in Piazza Bra, ricorda le deportazioni attraverso i nomi dei principali campi nazisti.
Le foto sono state scattate nelle celle del palazzo ex INA, che oggi sono utilizzate dei proprietari degli appartamenti come cantine: da notare la macabra ironia di definire i prigionieri "Italienische Gäste", ospiti italiani