Nell’agosto del 1950 Sergio, l’ex partigiano Uccello, tornò in libertà ed aprì un negozio di auto e moto in Via Leoncino, a due passi da Piazza Bra. Quando lo seppe, Ennio, che nella sua prigionia aveva sognato il giorno in cui avrebbe voluto mettere le mani su chi lo aveva consegnato ai nazisti, decise di andarlo a cercare. Si mise davanti alla vetrina: si videro, si riconobbero, poi Sergio chinò lo sguardo, si voltò allontanandosi. Ed Ennio si disse: “l’è un poro omo anca lu” (era un pover'uomo anche lui). Troppo sangue era stato sparso in quella guerra assurda, ed era giunto il momento di chiudere: Ennio vinse di nuovo, questa volta sul suo desiderio di vendetta, si voltò anche lui allontanandosi dall’altra parte. Non si incontreranno più.
Si faranno entrambi una famiglia: Sergio morirà per un tumore nel 1996, e solo un anno prima Ennio aveva raccontato ai suoi figli la sua deportazione. La mattina del 5 maggio 1995, nel cinquantesimo anniversario della liberazione di quel lager, si era alzato annunciando ai familiari la sua decisione di recarsi a Mauthausen, dove prese l’impegno che da quel giorno non avrebbe più taciuto sui crimini di chi si era reso colpevole della morte dei suoi compagni e di milioni di europei. Dal 2015 alla sua morte, nel 2022, sarà presidente della sezione veronese dell’Associazione Nazionale Ex Deportati nei lager nazisti.